Le amichevoli non fanno testo. Espressione assolutamente vera e autentica, ma perdere nel modo in cui la nazionale ha perso ieri, fa piacere alla vigilia del mondiale? Il no è una risposta banale, fin troppo scontata. Per ricercare le cause della brutta prestazione di ieri, bisognerebbe analizzare scrupolosamente qualsiasi fattore.
Ieri sera a Bruxelles, in uno stadio tinto per più di 2/3 di azzurro, la nazionale è stata sconfitta per 2-1 da un Messico piuttosto dinamico. Partono forte gli azzurri: sugli sviluppi di un corner, Iaquinta colpisce una traversa. E' un buon segno, la nazionale c'è. Peccato che poi i messicani, forti delle 5-6 partite in più nelle gambe e di una preparazione praticamente inesistente, abbiano dettato il loro gioco. Gli azzurri arrivano in ritardo su ogni pallone, non vincono un contrasto, non riescono a ripartire e subiscono. Al 16' della prima frazione, Juarez imbecca con un lancio il suo compagno di squadra Vela, che ovviamente a due passi dalla porta non sbaglia:1-0 Messico. I sudamericani, forti del vantaggio e della supremazia in campo, gestiscono a loro piacimento la gara, andando più di una volta vicini al raddoppio. Nella seconda frazione, il gol di Medina suona come un verdetto:l'Italia è inesistente. Sul finire di gara, ci penserà Bonucci a segnare il gol della bandiera per il 2-1 finale.
Bocciato definitivamente il 4-3-3. Non è il modulo adatto per la nostra nazionale: i tre attaccanti non tornano in difesa e non sanno rendersi pericolosi in attacco; il centrocampo non costruisce e rincorre a vuoto gli avversari e infine la difesa, sotto gli attacchi degli avversari, anche i più modesti, annaspa in maniera vergognosa. Meglio il collaudato 4-4-2 come assetto di base poi con le variazioni tipo il trequartista o due ali. Altro capitolo: Marchisio, centrocampista o trequartista fantasma? Vederlo giocare, o meglio vederlo vagare senza meta, alimenta una sana preoccupazione. Non lo si può nemmeno lontanamente paragonare al Totti versione Germania 2006 ma anche al buon Simone Perrotta, ed è tutto dire. L'unico a salvarsi dalla nave che affonda è Fabio Cannavaro. Il criticatissimo capitano, prossimo al trasferimento negli Emirati Arabi, è l'unico, a mio modo di vedere, a giocare con il cuore, la grinta, l'orgoglio e la voglia:qualità autentiche di un grande capitano. Forse l'unico, ed è paradossale, che non ha sentito i forti carichi di lavoro sulle gambe, ma in fondo si sa, non c'è fatica che tenga quando sul campo si gioca con il cuore di un ragazzino.
Italia - Messico 1-2
Intervista post - gara a Marcello Lippi
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