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lunedì 25 aprile 2011

Rubrica, Il punto di... - "Zero tituli", una frase che non gli appartiene

“Zero tituli” è una frase che lui stesso ha coniato ma che decisamente non gli appartiene. Quanti anni sono che Josè Mourinho conquista trofei? Praticamente da quando allena il Porto, mentre l’unico lasso di tempo in cui non ha potuto alzare al cielo, con la sua solita aria fiera, una coppa, è stato quando nel settembre 2007 lasciò la panchina del Chelsea per poi approdare a giugno 2008 alla corte di Massimo Moratti. E’ stata l’inattività a non far vincere Josè Mourinho, non la superiorità di qualche altra squadra. Lui dal 2002 ad oggi ha sempre vinto ma nonostante ciò è sicuramente il più criticato, il più odiato ma allo stesso tempo potrebbe essere il più idolatrato. Sicuramente uno dei più vincenti e non serve elencare tutto quello che ha vinto sin qui. Mourinho il fine psicologo, il grande motivatore è semplicemente il numero uno e lui, anche se non lo vuole dire apertamente, ne è consapevole: “Non sono il migliore del mondo ma penso che nessuno sia meglio di me”. Nonostante sappia di essere un eccellente stratega, riesce a lavorare in determinati frangenti con estrema umiltà. Portiamo l’esempio della finale di Coppa del Re, l’ultimo suo capolavoro in ordine cronologico che ha permesso al Real Madrid di battere il Barcellona 1-0. Rete, neanche a dirlo di Cristiano Ronaldo. Capolavoro tattico dello Special One che, consapevole della superiorità del Barcellona, ha modificato l’assetto della sua compagine (4-5-1 con Pepe a centrocampo e CR7 unica punta), ha studiato nei particolari come e dove bloccare i blaugrana. Sarà stato definito un difensivista ma a vincere non è stato di certo Guardiola. Anche il Presidente Florentino Perez, amante quasi ossessionato del calcio spettacolo, a seguito dell’importantissima vittoria della “Casablanca” ha speso parole d’elogio nei confronti del suo allenatore: “Mourinho è il numero uno”, non si era mai sbilanciato così tanto. E’ servita la partita di mercoledì scorso per capirlo? Non credo, Josè Mourinho ha già dimostrato, col tempo, di essere una spanna sopra agli altri. E’ vero, lui non ha mai fatto giocare bene le sue squadre, non ha mai fatto divertire come Guardiola sta facendo con il Barça o Wenger con l’Arsenal. Josè preferisce lavorare su aspetti diversi che poi, il suo palmares ne è testimone, si rivelano vincenti. E proprio su questo argomento ha voluto dire la sua dopo la conquista del suo primo titolo con il Real: “La gente pensa che il calcio sia solo possesso palla, io penso invece col lavoro difensivo e l'occupazione degli spazi. Mi hanno definito un allenatore da titoli e non un allenatore di calcio. Ma a me piace. Amo vincere. Sono contento di aver vinto le Coppe Nazionali in quattro paesi diversi: nel mio paese, in Portogallo, poi la coppa di Spagna, la coppa Italia e la FA Cup. Tre coppe nei paesi calcistici più importanti di Europa”. Mourinho si è dimostrato anche uno specialista delle finali secche: 12 vittorie in 18 partite disputate. Ed ora, dopo il netto risultato tennistico che il Madrid ha rifilato al Valencia sabato pomeriggio, c’è un’altra impresa da compiere, un altro obiettivo da raggiungere: personale e collettivo. Le Merengues inseguono una Champions Leaugue che manca ormai da fin troppo tempo mentre Mourinho vuole entrare nuovamente nella storia: potrebbe diventare l’unico allenatore ad aver vinto la coppa dalle grandi orecchie con tre squadre diverse. Non sarà facile, ovvio, il Barcellona in questo momento è come un animale ferito, giocherà con il dente avvelenato in semifinale e, se anche saranno Messi e compagni ad approdare a Wembley, caro Mou… Tu hai già vinto.

Valerio Spadoni

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