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venerdì 12 dicembre 2008

XAVI A TUTTO CAMPO DAL REAL ALL'INTER


La gente catalana ha pensato che Xavi stesse diventando un vero giocatore del Barcellona una sera di aprile del 2004, quando un suo astuto pallonetto — che da queste parti chiamano vaselina a sottolineare la soavità della fregatura — diede al Barça la vittoria al Bernabeu dopo sette anni di viaggi a vuoto. Non poteva essere altrimenti, perché in Spagna (e in Catalogna, che non è la stessa cosa) la maturità di un calciatore, per quanto talento possieda, si misura da ciò che riesce a fare in un clasico, come viene definito il confronto diretto fra Real Madrid e Barcellona. Da quella vaselina Xavi è ulteriormente cresciuto, fino a venire eletto, in questo magico 2008, miglior giocatore dell’Europeo e quinto assoluto nella classifica del Pallone d’oro, gran piazzamento per uno che non abbonda in effetti speciali ma semplicemente gioca (assai bene) a calcio. E dunque davanti a noi c’è un uomo di 28 anni che di recente si è nutrito di gloria, eppure parla ancora da affamato. Specie questa settimana.
Il Barcellona sta benissimo, il Real malissimo. E’ una sintesi che la convince?
"Solo nella prima parte, è vero che noi stiamo benissimo. Il resto è complesso da capire. Provo a spiegarmi: il destino di Barça e Real è di stare sui due piatti della stessa bilancia. Non possiamo essere felici assieme, tra noi c’è una tale rivalità che il successo dell’uno automaticamente svaluta il risultato dell’altro, che magari in assoluto non sarebbe così negativo. Oggi il Real sembra in crisi perché noi stiamo filando da far paura, ma la distanza è minore di quanto sembri".
C’è scritto sugli specchietti retrovisori delle macchine americane: attenzione, gli oggetti che vedete riflessi qui potrebbero essere più vicini di quanto appaiano.
"Perfetto, il concetto è questo. I tifosi ci chiedono la manita, ovvero un 5-0, perché il nostro gioco li sta entusiasmando e pensano che un’occasione così propizia per umiliare i rivali non capiterà più. Ma nel nostro spogliatoio nessuno sputerebbe su un semplice 1-0, che ci porterebbe 12 punti avanti al Real; non sottovalutiamo la loro capacità di reagire, già in Champions si è visto qualcosa".
L’esonero di Schuster l’ha sorpresa?
"Sì. Ma più ancora mi avevano sorpreso le sue parole di resa. La frase "al Camp Nou non possiamo vincere" suonava falsa, strategica".

Ha letto dei possibili accoppiamenti negli ottavi di Champions?Tutte squadre forti, e un’opzione è addirittura l’Inter di Mourinho. "Ho letto, ho letto... E’ prematuro esprimere una preferenza, ma sappia che se venissimo sorteggiati contro l’Inter il fascino della sfida supererebbe la paura di non farcela. Se mi passa la battuta, sarebbe un match speciale... Mourinho è un grande, l’ho conosciuto qui, quando lavorava con noi, e già allora ero certo che avrebbe sfondato. Un’eliminatoria con l’Inter sarebbe equilibratissima".
Le piacerebbe anche una rivincita Spagna-Italia al Mondiale 2010? "Dipende a quale livello del torneo. L’accetterei col sorriso sulle labbra soltanto se arrivasse molto in là. Diciamo che mi auguro di affrontare l’Italia il più tardi possibile, perché non ho dimenticato l’asprezza del quarto che abbiamo vinto ai rigori all’Europeo; le nazionali che andranno in Sudafrica per vincere sono tante, ma non ci sarebbe nulla di strano se Spagna-Italia valesse il titolo".

Nel suo ruolo abbiamo due grandi nomi: Pirlo per l’oggi e Aquilani per il domani.
"Pirlo resta il migliore, perché alle doti di visione del gioco unisce ora la grande esperienza. Aquilani è una splendida promessa, può raggiungere Pirlo; ma al momento lo sta ancora inseguendo".

E’ rimasto sorpreso dalla rapidità con la quale Ronaldinho si è inserito nel Milan?
"Per niente. Il calcio è un gioco semplice, molto basato sul talento: se ne hai tanto — e Dinho ne ha tanto moltiplicato per dieci — ti adatti in fretta a ogni situazione nuova".
Però c’è qualche problema tattico con Kakà.
"Lo capisco, giocano sostanzialmente nella stessa posizione, e lì ce ne può stare uno. Però anche Kakà ha talento, assieme troveranno la soluzione. La mia idea è che entrambi debbano variare un po’ la zona di operazioni: non può essere uno solo a sacrificarsi".

Lei, Puyol, Iniesta, Messi, Valdes, Bojan... Xavi, perché un club ricco come il Barcellona pesca con tanta facilità nel vivaio?
"Perché ha trovato nel tempo una serie di allenatori capaci di dare fiducia ai giovani: quando si accorgevano che in squadra mancava qualcosa, Van Gaal, Rijkaard e adesso Guardiola hanno cercato innanzitutto nella "cantera". E’ un trucco semplicissimo, stento a capire perché gli altri non ci arrivino".

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